Finalmente è stata individuata la sorgente del devastante terremoto del 1349 in Appennino centrale

10000000000002350000024E28B4AC4CBED7AB79.jpg 3 Dicembre 2021

Finalmente è stata individuata la sorgente del devastante terremoto del 1349 in Appennino centrale

Scritto da Redazione IGAG -News

A pochi anni dal terremoto epocale del 1349, Petrarca scrive ad Avignone a Papa Urbano V, piangendo la rovina a Roma delle basiliche di San Giovanni, San Pietro, San Paolo e dei SS Apostoli, a cui di devono aggiungere i crolli delle torri dei Conti e delle Milizie, delle chiese di Santa Maria in Aracoeli e di San Lorenzo al Verano, della Basilica Ulpia e di Massenzio, del Teatro Marcello e finanche del Colosseo.

Il terremoto del 1349, si sa, non fu un unico evento, ma piuttosto una sequenza con almeno due scosse catastrofiche, avvenute forse nello stesso giorno (il 9 settembre), una originata dalla faglia delle Aquae Iuliae, presso Venafro, e l’altra da qualche parte in Abruzzo, tra Sulmona e L’Aquila, quest’ultima rasa al suolo con 800 morti.

Notizie inedite sugli effetti dell’evento in Abruzzo e nuovi dati paleosismologici sulla faglia del Gran Sasso, hanno finalmente permesso a ricercatori del CNR-IGAG e del Dipartimento della Protezione Civile di ipotizzare che sia proprio quest’ultima la sorgente del disastroso terremoto aquilano e quindi dei danneggiamenti nell’area laziale, cumulatisi con quelli della scossa venafrana che molti danni fece anche a Napoli.

La faglia del Gran Sasso è un sistema composto da numerosi segmenti che complessivamente si estendono per ben 45 km, una lunghezza di rottura compatibile con una Magnitudo 7, sufficiente a spiegare gli effetti distruttivi ed estesi del terremoto del 1349. Una lunghezza che pone la faglia del Gran Sasso tra le più pericolose, se non la più pericolosa dell’Appennino, almeno in termini di potenziale sismogenico. Le evidenze nelle trincee paleosismologiche hanno anche permesso di datare l’evento precedente a 2800 anni fa ed un altro a 6100 anni fa.

Ancora una volta, è la geologia di terreno che ha permesso di risolvere uno dei più intricati rebus sismologici italiani, quello relativo al più catastrofico e complesso terremoto medievale dell’Italia centrale, fornendone con precisione epicentro e magnitudo delle due scosse principali.

Nella foto: uno dei tratti più spettacolari della faglia oltre lo spartiacque di Campo Imperatore dove ne raddoppia la cresta immergendo contromonte nelle morene e nei circhi successivi all’ultimo massimo glaciale. Nell’immagine in alto: la distribuzione degli effetti nelle due scosse principali del 1349 (faglia delle Aquae Iuliae a sud e del Gran Sasso a nord), così come ricostruita ed interpretata dagli autori.

Galli G., Galderisi A., Messina P., Peronace E., 2022. The Gran Sasso fault system: Paleoseismological constraints on the catastrophic 1349 earthquake in Central Italy, Tectonophysics, 822, 229156, https://doi.org/10.1016/j.tecto.2021.229156.

Qui di seguito il link alla pubblicazione completa sulla rivista Tectonophysics: https://authors.elsevier.com/a/1eAl598wdwBza